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“Se qualcuno ha capito qualcosa, ciò significa che io ho sbagliato tutto."
Stanley Kubrick

Il linguaggio umano è retto dal principio di non contraddizione, una cosa non può essere allo stesso tempo un’altra; grazie a questo ha il potere di distinguere e così facendo noi possiamo comunicare, anche se, per poterci capire senza equivoci, siamo costretti a restringere sempre più il significato di ogni parola. Tutto il procedimento razionale e logico del nostro linguaggio ha questa capacità e risponde a questa necessità.

Il linguaggio della musica però, non funziona così, e nemmeno quello della pittura e scultura, a cominciare dai primi del novecento in poi. Al contrario del linguaggio parlato e scritto non devono rispondere al principio di contraddizione che ci costringe a restringere, fissare, separare nettamente tutti i segni per comunicare, ma ogni segno, simbolo, suono, mantiene un’ambivalenza di significato, così invece di restringersi i significati si amplificano.

Continuo a pensare che l’arte sia un evento estetico in se finito, che parla un suo linguaggio che non necessita obbligatoriamente di essere tradotto in concetti per essere capito, anzi a mio avviso un quadro non va capito, va semplicemente guardato. Si capiscono i libri, non i quadri.

Quando ascoltiamo un brano musicale cosa facciamo? Lo dobbiamo tradurre in concetti prima per goderne poi? Lo ascoltiamo e basta; il linguaggio della musica non necessita di traduzioni per essere goduto, la sua comprensione è immediata e del tutto interna a quello che sentiamo, al suo linguaggio.

I quadri sono come una composizione musicale: la musica si ascolta, il quadro si guarda. E quello che vediamo non sta al posto di un’altra cosa ma è esattamente l’evento a cui stiamo partecipando e di cui possiamo godere. Avviene come nella musica dove i suoni arrivano direttamente all’orecchio, e cominciano ad evocare atmosfere, sensazioni, emozioni. Non c’è bisogno che il cervello si chieda che cosa significa quello che stiamo ascoltando, per sentire il piacere di ciò che ascoltiamo.

Fare un quadro vuol dire mettere insieme forme, colori, materiali; accostarli tra loro ad “orecchio”, un orecchio allenato a sentire armonie, dissonanze, forze. Se si è operato bene ne risulta una composizione viva e di ampio respiro. E se c’è questo, c’è quello che serve per produrre in chi “ascolta” il quadro, il piacere della visione.

dicembre 2009

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"Ognuno è libero di speculare a suo gusto sul significato filosofico del film, io ho tentato di rappresentare un'esperienza visiva, che aggiri la comprensione per penetrare con il suo contenuto emotivo direttamente nell'inconscio."
(Stanley Kubrick)

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