L’opera nasce così come “doppio”: alla sua realizzazione su computer corrisponde la realizzazione materica su intonaco. In questa polarità di pixel e spatola, di fare creativo rudimentale e ipertecnologico, echeggia una inaspettata prossimità, e ciò che risulta lontanissimo in senso storico, è sovrapposto, combaciante, corrispondente.
Fra queste opposizioni, reali o apparenti, procede la ricerca creativa di un linguaggio sempre più articolato, continuamente oscillate tra moderno e antico; e ora, sulla linea di quel confine, prende forma e si sviluppa su nuove polarità: interno, esterno; luce, ombra; presente, passato; razionale, irrazionale.
All’interno di queste polarità la creatività oscilla continuamente. E’ un linguaggio di confine che parla di un al di qua e di un al di la della visione. Di qua c’è lo sguardo che ordina, decodifica, separa, distingue, costruisce, secondo le coordinate della ragione. Di la, la ragione implode, rimane muta.
Si aprono passaggi, fenditure, luoghi dove forme e segni appaiono come “reperti” disponibili a un dispiegamento di senso che eccede il codice dei segni che la ragione ha inaugurato per orientarsi nel mondo. Ne scaturisce un linguaggio che sposta il piano della descrizione che la ragione fa delle cose, verso quello della semplice esposizione, con il suo corredo di significati polivalenti, oscillanti, evocativi.
maggio 2008