Così, una bella mattina mi alzo e, senza far caso che nel mettere giù il piede dal letto lo faccio nello stesso modo di sempre, mi incammino. Una volta arrivato decido di prendere il primo treno in partenza, convinto, ora si, che ce ne siano ancora di treni su cui salire. La destinazione mi sembra proprio quella mia e comunque l’importante è esserci salito sopra. Mi rassicura l’idea che la possibilità di procedere spedito nella giusta direzione dipenda in gran parte da me, e non mi farò certo condizionare dalla mia “storica” sfiducia.
Certo è che questo benedetto treno (sarà l’ultimo? - che domanda inquietante) procede un po’ a singhiozzo e ogni tanto ho l’impressione che forse non sia proprio quello giusto: oltre a me sembra che non ci sia salito nessuno! Mah!, stai a vedere che sono sceso dal letto col solito piede di sempre e con il solito passo di sempre ho preso la solita direzione, quella già tracciata e che conosco bene. E questo benedetto treno? Stai a vedere che viaggia sempre su quei binari lì anche lui. Guardo fuori dal finestrino, cerco di decifrare il paesaggio: c’è qualcosa di nuovo, o è sempre lo stesso? Non lo so; a volte mi sembra di scorgere qualcosa di diverso, altre volte mi sembra di ripercorrere gli stessi luoghi anche quando hanno l’aria di essere nuovi.
La scena è cambiata, si, ma il copione che mi ritrovo in mano ripropone la stessa parte già scritta da “certe verità storiche”; tutto il resto non è altro che il palcoscenico su cui ripeto uguale me stesso e in cui, di volta in volta, trovo la conferma, cercata, della verità incontrovertibile scritta in quel copione. Sembra impossibile cambiare il testo della recita, troppe pagine sono già state scritte e recitate, non si possono modificare come se fossero scritte su carta anziché sulla propria pelle.
Poi mi accorgo che tutto questo fa parte di un racconto, un racconto che funziona, con una sua mitologia interna, con tanto di eroe tragico e tutti gli ingredienti classici che ci vanno dietro. E allora la tragedia assume qualcosa di grottesco, di dolorosamente comico. Sono i momenti in cui guardo l’eroe della tragedia con tutte le sue stramberie e rido, come se non si trattasse di me ma di un’altro. Sono i momenti in cui mi ricorda Don Chisciotte che si scaglia contro i mulini a vento di “certe verità storiche”. Sono i momenti migliori.